quartieri sopraelevati rispetto al terreno

La nuova Arte Progenitrice

Tutte le immagini sono soggette a copyright

Non esistono confini creativi all'interno del mondo dell'arte.

 

Essa rappresenta la liberazione di ogni cosa che voglia uscire dalle strutture delle "convenzioni" e dei modi di essere più ricorrenti. Siamo in presenza di un'energia pura, permeata da inedite strutture concettuali che si rincorrono.

Ogni frammento d'Esistenza, parte del Tutto che ci avvolge, cambia forma e contenuto all'interno di uno Spazio-Tempo che trasforma se stesso. In modo analogo, attraverso il processo creativo dell'Arte è possibile modificare la “Visione” del mondo e del nostro modo di essere, di esistere.

La vera opera d'Arte, da intendersi come esempio di atto creativo, è tutto questo.

Ma se non esiste un limite della Creazione, è possibile giungere a identificare quello fisico?

Personalmente ritengo di essere riuscito ha individuare il limite fisico dell'Arte”. Per raggiungere questo limite ho concepito una struttura logica volta a cambiare i telai convenzionalmente più riconosciuti dell'arte.

Una apertura estrema verso un universo ancora da esplorare:

"dopo un numero innumerevole di anni, la pittura non è più schiava del suo contenitore identificato dal quadro, e la scultura non è più imprigionata nella sua originaria materia."


Al pari delle biunivoche grandezze relative all'equazione energia-materia, escludendo il sottile spessore della pittura considerata come entità bidimensionale, ho ritenuto essenziale creare un filo conduttore comune nel quale far comunicare la bidimensione con la tridimensione ovvero, la pittura-energia con la scultura-materia.

E come ho illustrato di seguito durante la spiegazione delle mie opere, sono voluto andare oltre questa "visione", aprendo le porte di nuove dimensioni celate ai nostri occhi a causa della limitatezza dei nostri sensi.

A tal proposito, nei punti di trasformazione e contatto tra la pittura e la scultura, è presente una “esplosione” filiforme trasparente sulla quale si riflette la materia e l'energia.

Siamo fuori dalla nostra dimensione , ci proiettiamo verso l'ignoto.

Siamo in quel Nuovo Mondo definito la “NUOVA ARTE PROGENITRICE”.


Provate ad immaginare a quali stupefacenti livelli di rappresentazione possono arrivare gli artisti, nel momento in cui il dipinto prende forma materica nello spazio e la scultura perde di consistenza entrando nel quadro per trasformarsi in pura energia.

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  • Descrizione Opere

    PRIMA OPERA

    Frammenti indeterminati d’infiniti Universi finiti … 


    Ho cominciato la mia ricerca sull'esistenza attraverso l’arte indicando nell'energia e la materia, i principali attori della nuova regia.

    Tramite quest’opera, intendo esprimere la mia visione su una frazione di Esistenza per mezzo di quella “costante”, riportata anche nelle restanti opere, identificata con la parola “chiave” che racchiude il tutto ovvero…Trasformazione.

    La prima opera, realizzata su un bozzetto del 2005, illustra alcune frazioni di un numero “indeterminato” di Universi differenti per forma e contenuti, collegati fra loro e “rinati” dalle ceneri energetiche di se stessi.

    Se esiste un dopo, è perché è esistito anche un prima.

    Non avrebbe senso l'assenza dell'uno o dell'altro.

    Il singolo Universo esplode dopo la sua trascorsa rinascita in spazi-tempi privi di quel senso da noi attribuito.

    Rinascere non significa essere quello che si era in passato.

    L'energia-materia è plasmata da continue fluttuazioni spazio-temporali in grado di cambiare le regole del gioco in funzione dei contesti.

    Possiamo essere veramente sicuri che esista qualcosa di assoluto in una realtà che trasforma continuamente se stessa?

    Nel diciottesimo secolo, Antoine Laurent De Lavoisier ha asserito che in una reazione chimica, ovvero in natura, “NULLA SI CREA E NULLA SI DISTRUGGE , TUTTO SI TRASFORMA”.

    Oggi abbiamo una legge più estensiva relativa al Principio di Conservazione dell'Energia ma il concetto non cambia e noi siamo parte di questo mondo.


    I miei Universi, prendono energia dalla tela attraverso la pittura ma in molti punti escono dalla stessa con lo scopo di “materializzarsi” nello spazio verso chi gli osserva, come a volerli coinvolgere.

    La pittura-energia è interconnessa con la scultura-materia in un rapporto vicendevole.

    Essa si contrae per poi espandersi fuori e dentro la tela.

    Nei punti di contatto tra le due differenti realtà si interpongono entità trasparenti, indefinite, attraverso le quali si riflette l'energia e la materia rappresentata.

    La pittura presente sul piano orizzontale è stata interpretata come la tavolozza di un pittore che dipinge l'energia dell'Universo.

    Nulla di immutabile, ma soltanto dinamiche di finiti frammenti di Universo in movimento, da intendersi come parte di un Tutto che trasforma se stesso.

    E anche noi, come gli Universi, siamo parti dinamiche indefinite di un tutto che trasforma continuamente i suoi contorni.


    SECONDA  OPERA

    La vita


    La scienza attraverso scritti e filmati ha tentato di esprimere congetture, spesso differenti, su quell’enorme mistero che è la vita.

    Nondimeno, un’opera d'arte può comunicare una propria visione sull’Esistenza anche se, ovviamente, con forme e rappresentazioni diverse.

    La novità dell'opera è insita nella sua “strutturazione”.

    La “materia vita”, evolutasi nel Tempo e sospesa nello spazio, è collegata tramite alcuni “cordoni ombelicali” ai due piani dipinti per mezzo dei quali la materia stessa prende forma e consistenza.

    Il piano verticale rappresenta una parte del cosmo originario dal quale il nostro sistema solare, rappresentato in parte sul piano orizzontale, ha preso l'energia poiché facente parte di un tutto.

    All'interno dei due piani “energetici”, sospesi all'interno del nostro micromondo e collegati alla scultura principale, sono rappresentati elementi vegetali, una porzione di territorio vulcanico e il nostro bene più prezioso, l'acqua, che ha viaggiato tanto nello spazio per darci i natali.

    Quest'opera, per alcuni versi, è volutamente descrittiva poiché ritengo che anche l'arte debba essere un mezzo per comunicare un qualcosa di universale.

    E' nel mezzo di rappresentazione, poi, che l'artista deve giocarsi il suo ruolo di essere inedito.

    Con quest'opera ho voluto rappresentare il più intimo contatto dell'imprescindibile “fusione” tra il nostro mondo e il mistero che ci avvolge.


    Sulla tela è proiettata l'energia di quei mondi posti dietro la tela stessa e, da quest'ultima, parte il viaggio dell'energia verso la strutturazione di una nuova materia configurante i frammenti del nostro mondo. E, come si sa, senza i frammenti non è possibile configurare l'unità.


    TERZA  OPERA

    Rimpasto cosmico


    Chi di noi può dire di non appartenere a un tutto.

    La terza opera di questa collezione, intenta a trattare i principali e universali concetti che ci riguardano come parte di un tutto, intende porre l'attenzione su un aspetto che ritengo fondamentale: “l'esistenza di un vero telaio pluridimensionale”.

    Le nostre particelle elementari sono uguali a quelle dei vegetali, dei minerali e degli animali.

    Siamo nuvole energetiche in continua evoluzione e trasformazione in un tutto che ci comprende.

    E' la poesia del Creato.

    Quale maggiore armonia di un Universo che trasforma se stesso.


    Dai capelli della donna “scultorea” presente in quest'opera, si configura una cascata d'acqua dipinta, fonte di vita.

    Le sue gambe sono fuse con il busto di un materico cavallo della cui carne essa stessa si ciba.

    Il cavallo mangia l'essenza vegetale ma, a sua volta, è mangiato dal serpente originato dalla materia del creato così come l'intera composizione. 

    La criniera materica del leone origina un uccello dipinto le cui piume si fondono con il paesaggio naturale e che, a sua volta, cattura in volo una preda.

    E' tutto un rincorrersi unitario di fasi dell'esistenza espressa attraverso le sue infinitesime frazioni.


    Sullo sfondo, partendo da un punto di singolarità, è presente il “presunto” nostro Big-Bang, inteso come avvenimento unico per noi ma non per il resto dell'esistenza, dove “credo sia tutto un rincorrersi di nuovi inizi e nuove fini all’interno di Spazi-Tempi indeterminati”.


    QUARTA OPERA

    La” fine” comporta un nuovo” inizio”


    Attraverso la seguente opera, intendo evidenziare un aspetto della  vita che si conclude con l'inevitabile morte.

    Certamente la morte rappresenta la fine di una vita nella nostra dimensione ma, indubbiamente, la sua fonte energetica ritornerà a essere parte di un tutto, prima di una nuova scissione.

    Purtroppo, l'aspetto tragico di questo giro di giostra è il momento del trapasso dall'una alle altre dimensioni.


    La quarta opera raffigura l'amore di due giovani giunti al capolinea delle loro vite, racchiusi nei rispettivi vortici dei loro corpi che si de-materializzano per proiettarsi in due distinte Regioni di una frazione dell’Universo Progenitore, rappresentato da un dipinto.

    Il regalo della vita cessa.

    Il Creato ne rivendica l'appartenenza.

    E' un momento di estremo, ultimo dolore, palesato attraverso il volto del giovane, malato e prossimo alla morte, con il braccio proteso verso quello della propria amata.

    La giovane donna, interpretando quell'enorme dolore che è anche il suo, ammicca un sorriso con la speranza di rendere meno doloroso il loro ultimo distacco.


    L’opera intende porre l'attenzione su due distinte, ma interconnesse,  grandezze.

    Da un lato, il dramma del distacco, dall'altro la poetica relazione armonica e intima, tra l'uomo e il Creato che ne rivendica la paternità.

    E quale migliore interpretazione può esserci, della materia che ritorna ad appartenere all'energia di un tutto.

    Non può esistere materia senza animo.

    E, forse, in un tempo che verrà ma che non è dato conoscere, le particelle dei due giovani amori si fonderanno con altre entità in grado di condividerne gli stessi sentimenti.


    QUINTA  OPERA

    Oltre lo specchio


    Per conoscere meglio noi stessi in rapporto ad una parte del mondo esterno che ci coinvolge, occorrono almeno, tre strumenti.

    Il primo è lo specchio esterno, quello fisico, che aggiorna del passaggio del tempo sui volti riflessi.

    Il secondo è lo specchio interno, di natura introspettiva, quello dell'animo, che ci indica i cambiamenti fisiologici che rendono diverso l'oggi dal domani.

    Il terzo è rappresentato dagli occhi dell'intelletto.

    La quinta opera “fonde” questi tre strumenti in una sola entità.


    Il volto della scultura si proietta verso lo specchio esterno dipinto che, però,  non ne riflette l'immagine banale.

    Esso mostra una figura che si “sfoglia” de-materializzandosi, mettendo in luce un “dentro” che supera il DNA per giungere ai suoi più piccoli costituenti, le particelle. 

    La materia è connessa strettamente all'energia, all'interno di una visione ampia come immenso e interconnesso è il collegamento fra il nostro pensiero e l'Universo.

    Una catena lega il pensiero dell’uomo con il buio siderale che ci avvolge.

    Il pensiero non ha limiti di Spazio, Tempo e  velocità.


    Peccato, che nonostante la rete della conoscenza gettata nel mare dell'ignoto, non conosciamo ancora noi stessi.

    Quest’opera, mettendo in luce l'interna complessità di fondo, intende evidenziare tale aspetto.


    SESTA  OPERA

    Soli in un Universo che trasforma le sue stesse ombre


    Quest’opera raffigura una figura umana identificabile come un “insieme” uomo-donna, da intendersi come unica entità, appoggiata a un piano verticale scuro, le cui sfumature vanno da un grigio chiaro a un nero intenso.

    Man mano che ci allontaniamo dal “nostro” mondo, il buio “stringe” sempre più la sua morsa intorno a noi.

    La figura è collegata alla tela per mezzo di cordoni ombelicali che ci ricordano l'appartenenza.

    Di fatto, l'appartenenza a un Creato in continua evoluzione non ci consente appigli certi.


    Per concretare questo pensiero, ho intenzionalmente proiettato “l'ombra umana” sul piano non scura, come dovrebbe essere, ma bianca e con una proiezione opposta specularmente a quella più ovvia identificabile nel nostro mondo.

    Nulla di strano in questo caso, poiché siamo protesi oltre il limite di una cortina interfacciata con un mondo in grado di cambiare le regole del nostro gioco.

    Non possiamo proiettarci in un’altra dimensione senza cambiare noi stessi.

    Rispettiamo, dunque, la nostra casa chiamata terra perché, superati i suoi “confini”, le distanze siderali che potrebbero separarci da altri esseri viventi sono tali da renderci soli nell'Universo o, comunque, non in grado di appartenere a mondi differenti dal nostro.


    SETTIMA  OPERA

    Passaggi dimensionali


    La settima opera illustra perfettamente il DNA della nuova Arte Progenitrice, ovverosia, il passaggio tra le dimensioni governato dal “brodo” primordiale costituito dall'energia-materia.

    Avete mai visto la pittura che uscendo in parte dal proprio piano bidimensionale afferra la scultura che, a sua volta, abbandona la propria dimensione tridimensionale per entrare nella bidimensione della prima?


    Una figura femminile dipinta, esce la mano dal quadro per farsela afferrare da una figura maschile che ha accettato le regole di un amore impossibile, sempre ché accetti il sacrificio di de-materializzarsi per entrare nella dimensione pittorica in cui è reale la propria amata.

    Ovviamente potrebbe accadere il contrario.

    In ogni caso, il passaggio comporta inevitabili sacrifici.

    Altre figure configurano la stessa condizione di viaggiatori dimensionali e nei punti di contatto tra le due dimensioni è presente una nuova dimensione trasparente, filiforme, sconosciuta, all'interno della quale far riflettere le prime due.

    In fisica quantistica, tra le varie teorizzazioni riguardanti la “posizione” della nostra dimensione, si prospetta l'idea di una nostra esistenza bidimensionale lungo una brana.

    E' come se fossimo immagini olografiche proiettate nello spazio circostante.


    Secondo il mio modesto parere, l'arte contemporanea più vicina ai nostri tempi, al di la di ogni corrente tipologica considerata indubbiamente legittima e fondamentale ai fini di una continua ricerca degli inediti messaggi, dovrebbe “uscire” dai confini delle convenzioni per abbracciare il più grande raggio d'azione concepito sino ad ora.

    Attenzione però a non recidere il contatto con il passato perché non può esistere un presente senza un passato così come un futuro senza un presente.


    OTTAVA  OPERA

    Dimensioni trasparenti ma che ci coinvolgono


    Che cosa sappiamo delle cose che ci attraversano continuamente senza essere viste?

    La maggior parte del nostro apparato tecnologico funziona per mezzo di onde elettromagnetiche.

    Ci sono quelle lontane da noi ma anche quelle troppo strettamente vicine che potrebbero, in maniera differente, interferire con le particelle quantiche interne a noi.

    Senza entrare in merito alla pericolosità o meno delle stesse, indipendentemente se ionizzanti o meno, qualora le onde “ondeggiassero” su piani invisibili colorati, il nostro atteggiamento verso di loro sarebbe, quantomeno, più cautelativo.


    Sulla tela verticale, è stato rappresentato un ensemble di “emettitori” di campi elettromagnetici proiettati, su due corpi  in atteggiamento di “legittima” difesa.

    L'uomo, cerca di ribellarsi a questo flusso di fotoni ad alta energia che “esce” dal quadro assimilandolo a un nemico suo e della donna racchiusa in se stessa e che cerca di difendere.


    Attraverso questa opera ho voluto intenzionalmente esagerare con l'intensità dei CEM, addirittura giungendo a “fondere” la materia umana nel loro punto  di contatto, nel tentativo di sensibilizzare l'opinione pubblica ad un uso più attento di queste tecnologie.

    La tecnologia va usata in maniera saggia, per quanto possibile.

    E' ovvio che questa estremizzazione del fenomeno voglia porre l'attenzione su un problema troppo spesso trascurato.

    Non bisogna aver paura di vivere in prossimità di un fiume se si accetta la giusta distanza di rispetto a esso, si ripulisce dagli impedimenti che ne ostacolano il flusso dell'acqua, non si cementifica e, magari, si costruisce la casa con particolari dettagli costruttivi.

    Analogamente, non bisogna temere il “nuovo”, ma neanche sottostimarlo durante il periodo della sua conoscenza.

    E' il buon senso che lo vorrebbe.


    NONA OPERA

    Oltre i confini dell'odio e dell'indifferenza.


    Il piano verticale presenta una frattura lungo la sua linea di simmetria.

    Tale linea individua due realtà.

    Da una parte è stilisticamente rappresentata una civiltà contemporanea pseudo - evoluta, immersa in un fittizio “benessere” e piena di problemi logistici connessi alla sua vera natura.

    Anche questa realtà, al pari di quella degli emettitori, è disegnata con il lapis poiché originata da strutture artificiali destinate a implodere, prima o poi, sotto il peso delle loro stesse responsabilità.

    Di fronte a questa porzione di piano sono situate due figure materiche rappresentanti un padre con il figlio.

    Entrambi sono immersi in uno strato di macerie e detriti provenienti da una situazione antropica non più in grado di assorbire i propri incomodi rifiuti.

    Il papà è smarrito è indigente al pari di un vagabondo, ormai vittima della tanto decantata società civilizzata.

    Il bambino, però, cerca un legame con l'altra realtà, quella meno “civilizzata” posta dietro la tela ma con contorni ancora visibili.

    Egli afferra la mano di un altro bambino posto dietro la stessa tela trasparente ma tale da mostrarne solo l’ombra.

    Altre ombre accompagnano il bambino.

    Queste ultime appartengono a quel popolo “fantasma” cui egli appartiene ma che è imprigionato dietro la stessa tela.

    Popolo che desidera condizioni di  vita apparentemente migliori e che cerca di attraversare il di qua della tela, proiettandosi verso la presunta realtà ricca che, in buona parte, nel corso dei secoli, lo ha sfrattato dal suo territorio.

    Non prima, però, di averlo sfruttato.

    Vicino a queste ombre della miseria, sono raffigurati alcuni volti di persone etnicamente differenti ma uguali per un aspetto, quello della dignità.

    Purtroppo, i bisogni “fisiologici” degli uomini “civilizzati” hanno tolto loro buona parte dell'originario orgoglio, dominandoli al fine di sfruttarne le loro ricchezze e in cambio proponendogli l'inevitabile povertà.

    Una povertà che non può essere quantificata solo con il denaro.

    Il colore che li configura cola.

    I loro contorni diventeranno sempre meno riconoscibili perché insieme al colore perdono il loro orgoglio.

    Ma se è ovvia la cancellazione delle linee costruite con il lapis, diventa tragedia la perdita di un colore come l'olio che, per sua caratteristica fisico-chimica, dovrebbe durare per molti e molti secoli.

    Queste gocce di colore cadono sulle teste decapitate degli esponenti di altre antiche popolazioni unite, purtroppo, dalla stessa sorte.

    In questo caso, però, non è più la pittura bensì la materia a subirne le conseguenze.


    In quest’ultimo caso, ho intenzionalmente considerato la dimensione materica perché la loro condizione di gruppi sociali, erroneamente definiti arcaici, identifica un'altra, ulteriore, dimensione.

    L’opera, in tal modo, paventa il fantasma della loro possibile estinzione culturale, spirituale, morale.

    La fratellanza tra i popoli dovrebbe essere una costante come la loro stessa interazione fisica e culturale.

    La supremazia di un popolo su di un altro no.

    L'omologazione è povertà.

    Attenzione, però, perché anche “noi” semplici spettatori non siamo più in grado di stabilire a quale parte della tela appartenere.

    E, se ne uscissimo completamente, le conseguenze sarebbero inimmaginabili.

     

    DECIMA  OPERA

    L'esistenza è figlia dell'inesistenza così come la fine non è che un nuovo inizio


    Siamo giunti nel cuore dell'opera a cui sono più affezionato.


    Sul piano verticale, sono rappresentati due differenti aspetti della realtà. 

    Da una parte trovano posto gli elementi naturali perturbatori del nostro paesaggio, costituiti dal fuoco espulso da un vulcano attivo e dai vortici dell'acqua alimentati da una tempesta.

    Da alcune particelle presenti in questo scenario, prende forma una donna che, per un breve tempo, varca la propria dimensione per abbracciare il proprio uomo che la attende nel mondo dei vivi.

    L’opera crea questa continuità.

    Anche se per una frazione di tempo, l'uomo ritrova la propria donna.

    Ogni uomo o donna può rivedere il proprio amore defunto seguendo varie strade.

    Io ne ho aperto una mia augurandomi che in essa possano rivedersi altre persone.

    Dall'altro lato del piano, lo scenario naturale cambia ma... non il senso della comunicazione.

    In quest'altro caso troviamo la quiete e un giovane uomo non più appartenente alla nostra dimensione, materializzato dagli elementi naturali del paesaggio che ne hanno permesso un momentaneo distacco per consentirgli il congiungimento con i propri cari.

    La famiglia lo attende al di la del piano, nella nostra dimensione terrena,  per fargli un intimo saluto.

    Una bambina gli prende le gambe che escono dal piano mentre una donna lo avvolge nei suoi capelli, quasi a volerne allungare il suo abbraccio.

    Un ragazzo lo piange nella solitudine del proprio dolore mentre un'altra figura, distesa supina e ormai nel vortice della morte, inizia a de-materializzarsi diventando acqua al fine di passare attraverso quel “cancello dimensionale” che lo reclama.


    Penso che un artista non debba limitare la propria ricerca dell'armonia soltanto all'interno dei nostri cinque sensi.

    L'armonia esiste anche al di fuori di essi che, sovente, generano coni d'ombra.

    Basta saperla illuminare con la luce giusta.  


    UNDICESIMA  OPERA

    L'ultima equazione della logica.


    E siamo giunti al capolinea.

    Con “l'ultima equazione della logica”, si chiude il ciclo di opere che racchiudono il senso della mia ricerca sull'esistenza.

    L'ultima opera, volge il proprio sguardo verso un ipotetico futuro che riguarda noi tutti.

    E la cosa non è delle migliori.

    Pur non entrando in merito alle ragioni antropiche che hanno determinato tale situazione e di cui i cambiamenti climatici sopra menzionati rappresentano solo un aspetto, anche se di fondamentale importanza, il DNA dell'opera li evidenzia implicitamente.


    Il piano verticale è diviso in tre differenti aree.

    Esso, identifica una sorta di trittico “irregolare” all'interno del quale sono presenti tre scenari umani dal futuro probabile.

    E’ stato forse concepito un futuro per l'umanità eccessivamente apocalittico o, forse, benevolo?

    Investigando sulla sommatoria dei nefasti eventi cronologici, disseminati ovunque in numero sempre maggiore, non penso di essermi molto discostato da quello che potrebbe accadere.

    E così la città implode in se stessa anche grazie a un gigante poco rispettato, il vulcano.

    Pur non potendo impedirgli i suoi inevitabili sfoghi, sarebbe quantomeno plausibile non togliergli “l'ossigeno” per mezzo di una forma di antropizzazione selvaggia, non rispettosa del suo territorio.

    Il vulcano, in un certo senso, purifica il suo territorio, depurandolo da quelle costruzioni che menti sagge avrebbero qualificato come macerie già prima della loro realizzazione.

    Da quest’ambiente disastroso, si materializza un'onda “anomala” che esce dal dipinto per proiettarsi nello spazio.

    E un'onda inquinata dai metalli pesanti, dal petrolio e i suoi derivati, impregnata, purtroppo, dal sangue dei colpevoli e degli innocenti che hanno dovuto condividerne gli eventi.

    In basso, situato sulla destra dell'osservatore, è raffigurato un deserto non di originaria configurazione territoriale ma prodotto da due cause concatenate.

    La prima è dovuta al deserto della ragione che, sovente, alberga in noi.

    La seconda è conseguenza della prima poiché connessa al lento ma inesorabile processo di desertificazione.

    Si è alla presenza di uno scenario biblico, con tanta sabbia e tanto sole da un lato, mentre dall’altro troppa acqua cattiva e mancanza di puro ossigeno.

    Una delle figure umane dipinte, mimetizzate con la sabbia, esce in parte dal quadro “materializzando” il proprio bisogno d'acqua.

    L'acqua espulsa dal piano superiore è completamente inquinata ma, in quei casi ... poco importa, qualche frammento di vita in più.

    In basso, alla sinistra del solito osservatore, c'è un angolo di mondo sommerso.

    Da cosa?

    Un uomo, soffocato dallo smog proveniente dal suo stesso mondo collocato sulla sua testa è immerso nello sporco, non soltanto fisico, ma soprattutto culturale, di una delle innumerevoli discariche presenti a perdita d'occhio.

    Egli tenta una fuga dal suo mondo cercando di “strappare” la tela sulla quale è dipinto ma... non si può sfuggire da se stessi senza incorrere in estreme conseguenze.


    Una proiezione logica sul futuro prossimo?

    Facciamo il possibile per non trovarci di fronte all'Ultima Equazione della Logica.


    Autore Ciro Galeone

Artigianato di Ciro Galeone

Mostra Matera 2019 Capitale della Cultura 

Invito mostra
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